La storia del principe e della ballerina alimenta da quasi un secolo l’immaginario collettivo della gente del Riese, da quando, in una notte d’ottobre del 1927, un tappeto rosso fu srotolato dalla spiaggia di Nisporto in direzione di un’abitazione poco lontana, dove il personaggio che vi camminò sopra era atteso con trepidazione da almeno una quindicina d’anni. Lui era Emanuele Filiberto duca di Savoia, cugino del re ed eroe della Grande Guerra, dove la Terza Armata che guidava non fu mai sconfitta, tanto da meritargli il titolo di duca invitto; lei era Lucia Galli, figlia di Celestina Ghelardi, di Rio, e di Federico, bolognese, rinomata ballerina di danza classica, allieva della Scala, e osannata nei teatri nazionali e internazionali.
Questo romanzo ricostruisce la loro vicenda umana ed esistenziale, ma soprattutto il loro grande e impossibile amore, dalla freschezza e dall’entusiasmo dei vent’anni fino alla piena maturità e oltre: un amore proibito dalle alte sfere cui lui apparteneva, ma comunque vissuto intensamente, malgrado tutto e tutti, fino alla morte del duca.
Il titolo è però rovesciato, nei suoi termini, rispetto a quello classico e fiabesco, perché qui la protagonista è Lucia, che il sogno di diventare ballerina lo accarezzava fin dai più teneri anni: di lei viene infatti raccontata l’infanzia e l’adolescenza, costellata anche di episodi dolorosi, oltre che dell’amore e del supporto della famiglia, fino all’incontro fatidico, nella prima giovinezza. Da qui in avanti le due biografie, della brillante ballerina della Scala e dell’aitante Emanuele, come si faceva chiamare da lei, si intrecciano indissolubilmente e raccontano di un amore, che, nella nostra contemporaneità, sarebbe approdato senza traumi a giuste nozze, ma che, al contrario, allora fu osteggiato in ogni modo dalla famiglia reale, fino probabilmente alla cancellazione stessa del nome dell’invisa ballerina – come è possibile ipotizzare – dagli archivi della prestigiosa istituzione.
Eppure questo legame durò nel tempo, nonostante la lontananza e la scarsa frequentazione, e anzi si rafforzò negli anni, malgrado le nozze di lui con una nobile fanciulla – e successiva prole maschile – e il matrimonio di lei con un ufficiale della Marina, forse voluto dallo stesso duca per proteggere la sua Lucia, che, sbarcata sul nostro Scoglio, alla vigilia della Grande Guerra e appese al chiodo le scarpette, si trasformò in un’imprenditrice di successo.
Questa storia, accennata con articoli vari sui nostri periodici locali, viene ora ripresa e sviluppata, avvalendosi di testimonianze dal vivo, anzitutto di una delle autrici, Marta Giordani – che, nella sua prima infanzia, conobbe personalmente Lucia e seppe dai suoi genitori la vicenda che la riguardava –, poi di quella dei parenti di Pierina Ghelardi Scardigli, che nel romanzo riveste un ruolo non secondario, e dei discendenti di quella gente di Nisporto che, attraverso i racconti e le foto di famiglia, ne ha conservato lucida memoria. A loro va il nostro grazie. Un grazie particolare va poi alla signora Franca Coluccia, che ci ha reso disponibili una ventina di cartoline postali autografe del duca, gelosamente custodite.
Con questo lavoro, le autrici intendono non soltanto illuminare un’esistenza non certo facile ma straordinaria, ma anche e soprattutto rendere omaggio a una donna speciale, che, con pudore e discrezione, ha mantenuto riservata una vicenda che travalica i confini strettamente personali e che, al contempo, ci interroga sui pregiudizi culturali e sociali che interferiscono dolorosamente tanto sulle esistenze normali che su quelle privilegiate.